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- Divina Creatura - M.Mastroianni L.Antonelli [ITA 1975] -


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Descrizione

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IMDb   http://www.imdb.com/title/tt0079058



Titolo originale: Divina Creatura
Lingua originale:  italiano
Paese: Italia
Anno: 1961
Durata: 115\'
Audio: sonoro
Genere: dramma
Regia: Giuseppe Patroni Griffi
Musiche: Ennio Morricone

Laura Antonelli ...  Manoela Roderighi
Terence Stamp ...  Dany di Bagnasco
Michele Placido ...  Martino Ghiondelli
Duilio Del Prete ...  Armellini
Ettore Manni ...  Marco Pisani
Carlo Tamberlani ...  Majordomo Pasqualino
Cecilia Polizzi ...  Dany\'s Maid
Piero Di Iorio ...  Cameriere di Stefano
Marina Berti ...  Manoela\'s Aunt
Doris Duranti ...  Signora Fones
Marcello Mastroianni ...  Michele Barra
Tina Aumont  
Rita Silva  
Corrado Annicelli  
Gino Cassani  

Dal romanzo La divina fanciulla (1920) di Luciano Zuccoli. Il duca Daniele di Bagnasco, giovane e brillante \"leader\" dell\'alta società della Roma anni Venti, s\'innamora di una ragazza di ceto sociale inferiore, Manuela, che ricambia la sua travolgente passione. Dopo qualche tempo però, viene riferito al duca che Manuela frequenta regolarmente una casa di appuntamenti. Daniele vi si precipita incredulo e vi trova la sua amante, serena e incosciente. Durante una scenata tempestosa, Manuela confessa di essere stata spinta sulla strada della perdizione da un uomo di cui non vuole fare il nome, ma ben presto Daniele scopre che si tratta di suo cugino Barra. Daniele si lascia convincere a stringere uno strano rapporto a tre di cui si illude di essere arbitro ma che, viceversa, lo trascina nel baratro. Manuela, infatti, dopo essere ricaduta sotto l\'influenza malefica di Barra, nauseata, abbandona i due aristocratici despoti; e Daniele, disperato per i propri errori e per l\'abbandono dell\'amata, si uccide.


recensione

Chi andasse a frugare, in qualche casa borghese, nei palchetti alti della biblioteca della nonna, forse troverebbe La freccia nel fianco, il romanzo più noto del conte Luciano d’Ingenheim, battezzatosi Zuccoli. Difficilmente gli tornerebbe alle mani La divina fanciulla, uscito nel 1919, e ormai inghiottito dalla polvere siccome il vento del Père La Chaise ha disperso le ceneri del suo autore. Chissà se il tempo ha fatto giustizia, o se avevano ragione critici della tempra d’un Renato Serra, che allo Zuccoli, “capofila della nostra letteratura amena”, riconosceva il dono di saper raccontare, o d’un Luigi Russo, per il quale nella letteratura moderna non era possibile trovare un interprete più elegante e penetrante dei cuori di donna. Bisognerebbe avere la voglia d’andarselo a leggere, quel “paladino cortese e fedele del femminismo”, quel “romanziere delle signorine”, ex ufficiale di cavalleria in monocolo e ghette, che ai contemporanei sembrò più un erede del romanticismo lombardo che un gregario di D’Annunzio. Che ne valga la pena si dubita, dopo aver visto il film che Giuseppe Patroni Griffi ha tratto appunto da La divina fanciulla, e tuttavia resta un’ombra di sospetto: potrebbe anche darsi che il romanzo fosse migliore del film, incentrato più sul dramma d’un dandy romano degli anni Venti, e sulla condanna della società corrotta in cui si muove, che su quell’analisi d’un irrequieto animo femminile cui forse lo Zuccoli soprattutto mirò. La “divina” è qui Manoela, una donna sui 25 (nel romanzo n’aveva 17), di classe piccolo-borghese, con fidanzato sempliciotto, di vita doppia e tripla. Violentata in età verde da un marchese Michele Barra, in odio agli uomini colei s’è data alla prostituzione, ma in casa di lusso e su appuntamento. Invaghitasi del duca Daniele di Bagnasco che è pazzo di lei, glielo nasconde, fin quando l’amante, avvertito da amici, la sorprende e svergogna. E tuttavia continua fra poker e champagne a idoleggiarla, nel contempo spingendola, per suoi contorti spiriti di vendetta, a tener sulla corda il ritrovato marchese Barra, cugino e rivale. Gran pasticcio, insomma, nel quale Manoela si destreggia, fra veleni, ricatti e bugie, andando a letto con l’uno e con l’altro. Fin quando, sparsasi nella Roma bene la voce del suo doppio gioco, la donna se ne parte per Parigi, piantando in asso ambedue. Che reagiscono in vario modo: il Barra indossando la camicia nera, il duca curando la gelosia con coca e morfina, e finalmente pistolettandosi. Patroni Griffi è regista disuguale. Divina creatura ci piace meno di Identikit. Affascinato, come sempre, dalle ambiguità sentimentali venate di pieghe crudeli, e da ambienti sociali putrescenti, stavolta ha firmato un film di facciata, dove l’equivoco è più nei comportamenti che nei caratteri, e la denuncia ha modi convenzionali. Le sue figure, qui, hanno scarso sottosuolo psicologico, i gesti sono sospesi a mezz’aria, il gioco della voluttà è un rituale gelido. Certe didascalie, che citano alla rinfusa frasi di Stendhal, Puskin, Mallarmé, Oxilia, Proust, Baudelaire, e certi impacci della recitazione fanno pensare che il regista abbia inteso staccarsi con qualche ironia dalla goffa materia; e qualche breve cenno a fascisti e socialisti lascia intendere che si è anche proposto un ritratto dell’epoca. Buone intenzioni non realizzate, giacché il racconto si snoda senza increspature emotive, dove l’unica cosa che brilla, ma anch’essa smaltata di lacca, è il corredo figurativo liberty: palazzi patrizi, squisite toilette, auto d’epoca e suppellettili di lusso. E nemmeno serpeggiano fremiti sensuali, come Zuccoli forse avrebbe preteso. Interpreti, tutti, modesti. Laura Antonelli ci offre un bellissimo nudo sdraiato, ma un personaggio scritto sull’acqua; Terence Stamp, il duca di Bagnasco, ha del burattino, e Michele Placido, il fidanzato, della macchietta venuta da un altro film. Poco da dire sul diligente Mastroianni, nulla su Doris Duranti, reduce da antiche glorie. Molto, ma sorvoliamo, sui nobili romani che fanno da comparsa. Le musiche d’epoca, di Andrea Bixio, adattate da Morricone, sono gradevoli, come l’arredamento di Fiorenzo Senese. Meno, insomma, di quanto si sperasse, e proteste fra il pubblico d’età: quando mai, borbotta, le signore degli anni Venti andavano scollate di mattina?
(Da Eva dopo Eva. La donna nel cinema italiano, Bari, Laterza, 1980)











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